Universo 25, il folle esperimento per dimostrare la “fogna di comportamento”

Fonte: WIKIPEDIA, l'enciclopedia libera.

La fogna del comportamento (in inglesebehavioral sink), è un’espressione coniata dall’etologo statunitense John Bumpass Calhoun, usata per denotare il collasso di una società a causa di anomalie comportamentali provocate dal sovraffollamento, pur in un ambiente in cui la comunità è tenuta al riparo da avversità atmosferiche o da predatori e si vede garantita abbondanza illimitata di risorse, come cibo e acqua, e pertanto non si trova in una situazione di sovrappopolazione in senso “malthusiano” (cioè uno squilibrio tra popolazione e risorse, con quest’ultime insufficienti al fabbisogno della comunità).

L’Universo 25

L’esperimento che diede risalto internazionale alla fogna del comportamento fu il cosiddetto “Universo 25”. Anche in questo caso l’habitat era progettato per eliminare qualsiasi fattore fisico, a eccezione dello spazio disponibile, che avrebbe potuto limitare la crescita della popolazione o incidere negativamente sul benessere e l’aspettativa di vita dei roditori.

L’universo aveva la forma di un serbatoio di pianta quadrata con lato di 2,7 metri, con mura alte un metro e mezzo circa. Il primo metro era strutturato in modo che i topi potessero arrampicarsi liberamente sulle pareti, senza tuttavia poter fuggire; su ogni muro erano saldati 16 tunnel in maglia di ferro, con 4 corridoi orizzontali che li attraversavano da parte a parte, fornendo così 256 ripari in cui costruire altrettanti nidi. Ogni nido era abbastanza grande da ospitare 15 topi.

L’habitat avrebbe permesso la sopravvivenza di 3 800 esemplari.

L’ambiente veniva pulito ogni 4 settimane, la temperatura era tenuta costantemente intorno ai 20°C e persino il rischio di malattie genetiche era stato drasticamente ridotto, selezionando i migliori esemplari dalle colonie del National Institutes of Health.

Nell’habitat furono introdotte quattro coppie di topi. Dopo 104 giorni di adattamento, i topi iniziarono a riprodursi, arrivando a raddoppiare la propria popolazione ogni 55 giorni. Tuttavia, trascorsi 315 giorni, il tasso di crescita della popolazione rallentò sensibilmente. La popolazione era arrivata a 600 esemplari. Nonostante cibo e acqua fossero garantiti in abbondanza, lo spazio iniziò a scarseggiare, e l’habitat si sovrappopolò, facendo emergere alcune anomalie comportamentali nei topi.

I nuovi nati si ritrovavano in un mondo ogni giorno sempre più affollato, in cui vi erano più topi che ruoli sociali. Le posizioni sociali, in seno alla gerarchia dei topi, erano costantemente minacciate. Lo stress di dover difendere il proprio territorio e le proprie femmine da innumerevoli contendenti portò i maschi alfa ad abbandonare il proprio compito, diventato troppo oneroso. L’assenza di questi ruoli sociali fece emergere comportamenti distruttivi e antisociali in tutta la colonia, dato che i normali rapporti sociali erano crollati, e con essi la capacità dei topi di formare legami sociali.

I maschi divennero estremamente aggressivi, arrivando a formare gruppi che attaccavano femmine e piccoli. Altri divennero pansessuali, cercando di avere un rapporto sessuale con qualsiasi topo a disposizione, che fosse maschio, femmina, giovane o vecchio. Le femmine, ormai senza più alcuna protezione, si rifugiarono presso i nidi più alti della colonia, a volte radunandosi in alcuni gruppi composti solamente da femmine, ma dovendo sprecare energie per difendere i propri nidi e se stesse, trascurarono i propri ruoli materni, abbandonando la prole a se stessa, o arrivando ad attaccarla. In alcune aree dell’habitat, la mortalità infantile raggiunse il 96%, e vi furono casi di cannibalismo, nonostante non vi fosse alcun bisogno di esso, dato che il cibo era ancora ampiamente disponibile per tutti gli esemplari.

A questo punto, nell’habitat si formano tre gruppi di topi. I topi più deboli e quelli rifiutati, resistenti fisicamente ma devastati psicologicamente, cercarono di sopravvivere radunandosi al centro dell’habitat, dove la loro vita scorreva inerme se non con qualche insensato e occasionale atto di violenza contro sé stessi. Le femmine rimaste sole cominciarono sempre più a migrare nei nidi più elevati, radunandosi in gruppi. Oltre a questi due, emerse anche un terzo gruppo, che Calhoun chiamò “i belli”. Questi topi, mai lasciatisi coinvolgere nelle lotte e mai mostratisi interessati alla riproduzione, erano interessati solo a loro stessi, e le loro uniche attività erano mangiare, dormire e lisciarsi il pelo. Si distinguevano infatti dagli altri per l’assenza di ferite e per il pelo bianco e lucido. Altrove, nei gruppi maggiori, il cannibalismo (pur in presenza di cibo abbondante), il pansessualismo e le esplosioni di violenza continuavano senza sosta.

La società dei topi collassò!

Giunti al giorno 560, la popolazione raggiunse i 2 200 individui (contro gli oltre 3 500 che Universo 25 poteva ospitare), e al 600º giorno la sua crescita si fermò del tutto. Pochi topi riuscirono a superare lo svezzamento; da quel giorno ci furono pochissime gravidanze ma nessun cucciolo sopravvisse. Anche quando la popolazione ritornò ai livelli iniziali dell’esperimento, non si registrarono nuove nascite. I topi ancora in grado di riprodursi, come “i belli” e alcune femmine rintanatesi ai livelli più alti della gabbia, avevano perso la capacità sociale di farlo. La colonia quindi si avviò verso l’estinzione. In qualche modo, le cavie avevano smesso di essere topi, incapaci di avere relazioni sociali. Una sorta di prima morte, come fu definita da Calhoun stesso. Una morte sociale che precedette la morte fisica.

Il grafico mostra l’andamento demografico della popolazione di topi nell’esperimento. Le linee tratteggiate indicano le stime fatte dopo il 700º giorno dell’esperimento.

Le conclusioni tratte

Quando finì di raccogliere i risultati dell’Universo 25, Calhoun riscontrò che i risultati si sarebbero ottenuti eliminando le cause di morte esogene da qualsiasi gruppo di mammiferi. La riduzione della mortalità per cause naturali culminava nella sopravvivenza di un numero eccessivo di individui perfettamente in grado di ricoprire i ruoli sociali caratteristici della propria specie. Nel giro di poche generazioni tutti gli spazi e i ruoli sono occupati, ma vi sono ancora innumerevoli individui capaci di ricoprire i ruoli sociali già occupati. Questi esemplari giovani quindi lottano contro gli esemplari adulti per prenderne il posto, ma la lotta che ne scaturisce è così violenta da portare a un totale esaurimento sia dei contendenti sia degli adulti. A ciò segue la dissoluzione della normale organizzazione sociale (cioè, le istituzioni).

I giovani nati in queste condizioni vengono rifiutati dalle proprie madri e dagli altri associati adulti. Questo fallimento precoce nel formare legami sociali viene aggravato dall’interruzione dei cicli di azioni a causa delle interferenze meccaniche risultante dall’alto tasso di contatto tra individui viventi in una popolazione ad alta densità. L’elevato contatto frammenta ulteriormente il comportamento a causa della stocastica delle interazioni sociali, che esigono che per massimizzare la gratificazione derivata dalle interazioni sociali, l’intensità e la durata delle interazioni deve essere ridotta in proporzione alla dimensione del gruppo. Esemplari capaci solo dei più semplici comportamenti compatibili con la sopravvivenza fisica emergono in questo processo (la prima morte). La specie dunque si estingue.

Per Calhoun non c’erano dubbi: non importa quanto sofisticato l’uomo crede di essere, una volta che il numero di individui in grado di ricoprire un ruolo supera largamente il numero di ruoli disponibili, “l’inevitabile conseguenza è la distruzione dell’organizzazione sociale. Individui nati in queste circostanze sarebbero così distaccati dalla realtà da essere incapaci persino di alienarsi. I loro comportamenti più complessi diventerebbero frammentati. L’acquisizione, la creazione e l’utilizzo di idee appropriate per il sostentamento della vita in una società post-industriale sarebbe impossibile.”